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Appunti sparsi da un’India / Gujarat
Gruppo Maltinti
Il corvo saltella cercando di evitare l’onda che si infrange sul
bagnasciuga poi si guarda intorno e spicca il volo andando a posarsi, a
pochi metri di distanza, sulla prua di una delle numerose barche allineate
sulla spiaggia di Colva.
Dopo le fatiche del Gujarat me ne sto disteso al sole di Goa con altre
due persone mentre il resto del gruppo è rientrato in Italia; la
separazione non è stata di certo facile ma cerco di consolarmi ripensando
a tutti i bei momenti trascorsi insieme; tutto sommato è stato un gran
bel viaggio anche se non era iniziato sotto i migliori auspici…
Un filo di fumo si alza dalla batteria posta sotto il sedile dell’autista.
Siamo a circa 80 km. da Ahmedabad e ci stiamo dirigendo a Bhuj che dista
più di 200 km e dobbiamo ancora fermarci a visitare “Il tempio del sole”.
Alla prima cittadina (ed anche l’ultima) ci fermiamo dal meccanico.
Sembra che sia l’alternatore che non funziona e ci dicono che, per la
riparazione, servono un paio d’ore !!
Nel frattempo, tutto intorno a noi, si è formato un capannello di gente:
ci guardano, ci osservano, ci chiedono da dove veniamo… insomma : siamo
diventati l’attrazione del paese, diamo spettacolo.
Il primo di una lunga serie.
Decidiamo di farci portare al Tempio del sole e così, mentre lo
visitiamo, l’autista potrà tornare indietro e far riparare il guasto in
modo da ottimizzare il poco tempo a disposizione.
Ripartiamo e giunti al “tempio” scendiamo e l’autista riparte.
Ma qualcosa non quadra…ai più questo tempio non sembra quello “giusto”...ed
infatti non lo è !
Ci dicono che quello che cerchiamo si trova ad un paio di km di distanza
ed ormai il pulmino se ne è andato… non ci resta che andarci a piedi…
ma ecco che l’autista ritorna: era andato con una persona del luogo a
cercare un meccanico in zona e non trovandolo è tornato indietro.
Saliamo e in un attimo siamo al Tempio “giusto”; scendiamo e l’autista,
con Carla (la Capogruppo) se ne va a far riparare il guasto.
Visitiamo il Tempio con tutta calma, “pranziamo” con tonno e
formaggini, veniamo “assaliti” e fotografati da una scolaresca e poi
ci avviamo lungo la strada dalla quale siamo venuti e ci fermiamo in un
baretto polveroso e pieno di zanzare a berci una Coca o una Limca mentre
le zanzare bevono noi; dopo un po’ decidiamo di ritornare al Tempio ma
giusto il tempo di pagare il conto ed ecco arrivare il pulmino: l’alternatore
è stato sostituito e possiamo dirigerci verso Bhuj senza problemi.
Cerchiamo di convincere Carla a dare almeno uno sguardo veloce al Tempio
ma lei rinuncia perché è tardi ed abbiamo molta strada da fare.
Arriviamo a Bhuj sotto un cielo pieno di stelle. In effetti i chilometri
erano parecchi e non sempre la strada percorsa era in buone condizioni ma
siamo arrivati.
Il Bala Hanuman Temple compare nel libro dei “Guinness dei primati”;
infatti è dal 1 agosto 1964 che vi si tiene un’ ininterrotta funzione
religiosa.
Vi entriamo alle prime luci del mattino ed immediatamente siamo rapiti dal
misticismo quasi palpabile che vi si respira reso ancora più tangibile da
una musica ossessiva ed ipnotica suonata da due uomini con foga, trasporto
e velocità sempre crescente. Cerchiamo di essere discreti ma la nostra
presenza attira ben presto l’attenzione di tutti e così, nostro
malgrado, diveniamo fonte di distrazione; i più curiosi si fanno coraggio
e ci chiedono chi siamo da dove veniamo, ci offrono fette di banane ed una
specie di miglio dolcissimo...
Tutti molto gentili e cortesi; uno dei momenti più belli di tutto il
viaggio.
Tutte le strade portano a Dwarca.
Anche quelle secondarie che il nostro autista imbocca mentre stiamo, in
gran parte, schiacciando un pisolino…
Quando le buche e di conseguenza i sobbalzi iniziano a farsi numerosi ci
svegliamo ed udiamo i commenti di chi era sveglio al momento dello sbaglio…
- Scusate ma se vi siete accorti che stava sbagliando strada perché non l’avete
detto ?
- Ma non è che sia sbagliata; al bivio ha chiesto informazioni e gli
hanno indicato questa che passa all‘interno; ma tanto ci arriviamo
ugualmente.
- Sarà; ma a questa velocità ci metteremo un sacco di tempo in più !
Ma piano a piano le condizioni del manto stradale migliorano, incrociamo
delle persone, chiaramente dei pellegrini, che stanno andando a Dwarca
(una delle quattro principali città di pellegrinaggio indù di tutta l’India
!) ed il paesaggio circostante si fa improvvisamente bellissimo…
- Vedete, se avesse preso la strada principale tutto ciò non lo avremmo
visto.
Impossibile ribattere ad una simile affermazione; anche perché è la pura
verità!
Nel frattempo ci siamo immessi sulla strada principale ed in breve eccoci
in vista della città e dell’ inconfondibile sagoma del Dwarkanath
Temple dedicato a Krishna.
Dopo esserci sistemati in perfetto “vecchio stile AnM” (cinque per
stanza di cui tre per terra) e rifocillati risaliamo sul pulmino e ci
rechiamo a Okha da dove parte il traghetto per l’isola di Bet dove
Vishnu avrebbe ucciso un demone.
Il Tempio ivi costruito non è nulla di speciale; lo speciale è
costituito dal tratto in “traghetto” (anche se per tutta l’andata il
tizio seduto accanto a me mi tossirà continuamente in faccia !) stipati
come sardine con varia umanità ed una volta giunti al tempio saremo, come
al solito, intervistati e fotografati numerose volte.
Degno di nota un gruppo di pellegrini, festanti e caciaroni, con un’enorme
foulard arancione in testa: sembravano tante “uova di Pasqua”.
Dopo una notte “difficile” ci svegliamo presto per assistere alle
abluzioni del mattino.
Giunti sul posto veniamo ben presto rapiti dallo straordinario scenario:
una scalinata permette di arrivare all’ acqua e sembra essere divisa in
tre settori : anziani, uomini, donne e quest’ultimo è quello che attira
subito la nostra attenzione in quanto è il più vivace e colorato.
Un Sadu prega e sparge incenso all’ interno di un tempietto aiutato da
un nastro registrato con una sola ed ossessiva frase : “Shiva è il mio
Dio “, un anziano venditore di noci di cocco seduto per terra, una
giovane donna affacciata alla finestra, accortasi dei nostri sguardi ci
mostra, orgogliosa, suo figlio da fotografare; un uomo con lunghi capelli
e barba bianca se ne sta seduto avvolto in una coperta e sul volto ha uno
sguardo ed un sorriso “sereno”…
Molti altri “personaggi” animano il luogo e noi ci aggiriamo
meravigliati tra di loro ma lo facciamo in punta di piedi cercando di non
disturbare; consapevoli di essere degli intrusi.
E’ ancora buio quando iniziamo la salita della mitica scalinata
(10.000 gradini) che porta in cima alla Girnar Hill e c’è un casino
pazzesco!
Noi ci aspettavamo un pellegrinaggio mistico, preghiere sussurrate a fior
di labbra per non disturbare il raccoglimento altrui ed invece ci
ritroviamo nel caos più assoluto : centinaia di persone che danno l’assalto
alla collina schiamazzando e con al seguito enormi radioloni “portatili”
che vomitano musica moderna distorta ed ad alto volume .
Naturalmente la nostra presenza non passa inosservata e veniamo
intervistati e fotografati numerose volte; alcuni ragazzini ci prendono
palesemente per il culo e si dimostrano maleducati ed invadenti ma
cerchiamo di far finta di nulla anche se qualcuno, esasperato dalle solite
domande ( “Da dove vieni ?” e “Come ti chiami ?”), dopo un po’
risponderà con le cose più assurde ( tipo : “Congo” e “ Don
Chisciotte” ).
Veniamo a sapere che il 31 dicembre è tradizione salire la Girnar Hill;
ecco spiegato il motivo di tutta questa folla. Ma anche questa è “India”.
Rapidamente ci perdiamo di vista, impossibile restare uniti con tutta
questa gente e poi : ognuno ha il suo passo.
Cammino da solo per un paio d’ore poi ritrovo Ivano al primo complesso
di templi e così proseguiamo insieme; per un momento ci illudiamo di
essere arrivati in cima ma, fatti pochi passi alla ricerca di un posto
tranquillo per aspettare il resto del gruppo, ci accorgiamo che la salita
continua…
Non ci resta che continuare a salire ed ad essere bersagliati dalle “solite
domande” specialmente se ci fermiamo per un attimo a riprendere fiato
e/o ad ammirare il panorama. Giunti a quella che ci era sembrata essere la
cima ci rendiamo conto ancora una volta che la scalinata non è terminata
ma continua in discesa per poi risalire e raggiungere altri due cime…
Decidiamo di fermarci a quota “8000” ( ?) scalini circa.
Ci riposiamo un poco e, tra una domanda e l’altra, facciamo un spuntino.
Tra i tanti “intervistatori” ci sorprende un ragazzo che ci chiede
scusa per l’invadenza e la maleducazione dei suoi connazionali.
Ritorniamo sui nostri passi alla ricerca del resto del gruppo ma ormai la
folla ha raggiunto proporzioni tali che, in alcuni punti della scalinata,
si è formata una barriera umana quasi impenetrabile.
Nostro malincuore non ci resta che farci largo a gomitate e, poco dopo
aver superato l’ingorgo vivente, ritroviamo gli altri; non ci resta che
accoglierli, sotto gli sguardi stupiti e divertiti degli indiani, con dei
sonori : “ Where you come from” “ What is your name” !
Terminata la visita del Temple of Somnath e del Museo facciamo due
passi tra le stradine della città vecchia : fogne a cielo aperto, mucchi
di rifiuti, mucche e maiali a zonzo, negozietti, tanta gente che ci guarda
con aria stupita ed una scena allucinante colta con la coda dell’occhio
: Un bambino se ne sta accucciato contro il muro di una casa a fare i suoi
bisogni in un canaletto di scolo; un maiale si avvicina al bimbo (qualcosa
di “mangereccio” , nel canale di scolo, ha attirato la sua attenzione)
e con il muso si intrufola sotto al sedere del malcapitato e con una
nasata lo sposta ! Il bambino, giustamente irritato si alza e prende a
calci il porco !!
Il tutto si svolge in pochi secondi e forse il fatto di descriverla o di
etichettarla come : “allucinante” non “rende” l’idea ma vi
assicuro che è stata una cosa “shoccante !”
Diu.
Diu: la terra promessa.
Diu: la méta più agognata.
Diu: il paese dove la birra scorre a fiumi.
Diu: la città oggetto del gioco / scherzo che ci ha accompagnato (è l’unico
posto in tutto il Gujarat dove si può bere birra) per circa dieci giorni
:
- Hai dimenticato la fotocamera in hotel ? Torniamo; ma a Diu pagherai una
birra a tutti !
- Hai dimenticato gli occhiali ? A Diu pagherai una birra a tutti !
- Hai dimenticato l’accendino ? A Diu pagherai una birra a tutti !
- Sei arrivato in ritardo ? A Diu pagherai una birra a tutti !
- Hai detto una parolaccia ! A Diu pagherai una birra a tutti !
Con l’approssimarsi della méta il gioco si fa duro (ed i duri iniziano
a giocare !), tutti contro tutti e si spara ad alzo zero ed anche il
minimo “errore” o dimenticanza non passa inosservato ne viene
perdonato.
Se non fosse stato tutto uno scherzo (ma qualcuno ha onorato il debito !)
e fossimo rimasti a Diu una settimana saremmo stati ubriachi persi per
tutto quanto il tempo.
Dopo esserci sistemati in un Hotel nuovo, sciccosissimo, con tanto di
piscina, camere doppie pulite e spaziose (nuovo stile AnM) non ci rimane
che festeggiare con : birra e... salamino portato da casa! Che profumo, che
bontà, che goduria ! Ma che ci manca a noi !?
Finalmente dopo tanto misticismo ci voleva anche un po’ di sano
materialismo.
C’è una grande animazione al porto di Vanakbara.
La pesca è stata abbondante ed ora decine e decine di persone si stanno
dando da fare per dividere il pesce, lavarlo, metterlo sotto ghiaccio,
ecc.
E’ un tripudio di colori, odori, suoni; ancora una volta ci aggiriamo
meravigliati e stupiti in questo scenario impossibile da descrivere con le
parole.
Toc… toc … toc … toc…
Il silenzio è rotto solo da ritmico suono del bastone che usano i
pellegrini per aiutarsi nella salita della collina di Shatrunjaya (nei
pressi di Palitana) uno dei centri di pellegrinaggio giainista più sacri
di tutta l’India.
E’ ancora buio e non ci sono luci che illuminino la scalinata ma solo
una serie di pezzetti di carta stagnola appiccicati sui gradini i quali,
riflettendo la fioca luce circostante, formano un sorta di sentiero
luminoso. La suggestione ed il silenzio sono assoluti.
Molti salgono a piedi scalzi mentre altri, ricchi e grassi, si fanno
trasportare dai portatori (l’India dei contrasti non smette mai di
stupire); a parte il fatto che a noi la posizione (seduti a gambe
incrociate) risulterebbe assai scomoda ma non ci verrebbe mai in mente di
salire con un mezzo diverso dalle nostre stesse gambe… altrimenti quale
merito si avrebbe ?!
Saliamo senza difficoltà i circa tremila gradini (anche perché siamo
reduci dalla più lunga ed impervia scalinata del Monte Girnar) ed in
breve raggiungiamo la cima dove sorge il complesso di ben 863 templi; nel
frattempo e sorto il sole accompagnato da un venticello lieve e freddo.
Giunti all’ingresso del complesso principale si deve togliere le scarpe
e lasciarle nell’apposita scarpiera. La calda luce dell’alba illumina
l’entrata, e, varcata la soglia, questa volta troviamo tutto il
misticismo, la sacralità ed la devozione religiosa per i quali l’ India
è giustamente conosciuta.
Non ci resta che immergerci in questo sacro luogo e mischiarci con i
pellegrini i quali, con la loro immensa religiosità ci sorprenderanno ad
ogni passo.
Ahmedabad : La città della polvere.
Qui si conclude il nostro giro del Gujarat; tra mosche, minareti,
traffico, smog, polvere, acquisti, musei… Il Museo dei Tessuti !
Splendido ed imperdibile; ma con orari assurdi e… gratis ! Chiediamo
spiegazioni al Direttore: perché è gratis ? E’ assurdo far pagare
cinque dollari per vedere una boiata pazzesca come : “Gli editti di
Ashoka” (un enorme pietrone inciso in lingua Pali) mentre invece un
museo così bello è aperto solo poche ore al giorno e l’entrata con
visita guidata è gratuita. Che si paghi un biglietto e lo si tenga aperto
più a lungo !
Il Direttore ascolta tranquillo le nostre rimostranze e poi ci spiega che
non è possibile ciò che vogliamo per tutta una serie di motivi
burocratici / economici…Vabbè, inutile ribattere; ancora una volta è
“l’India dei contrasti” ad averla vinta.
La nostra permanenza in città si conclude “saccheggiando” l’
Emporio Statale, ma quale miglior finale del sorriso e della felicità
negli occhi di due bambine alle quali qualcuno del gruppo all’uscita di
una Moschea regalerà delle penne e dei quaderni ?!
Lascio il corvo alle sue evoluzioni e mi dirigo verso un tratto di
spiaggia molto affollato per vedere cosa vi accade ma fatti pochi passi
una ragazza mi si avvicina e mi chiede se mi faccio fotografare con lei…!!??
Devo sembrarle davvero buffo ! Breve descrizione : cappellino bianco/blu,
occhiali a specchio, torso nudo un po’ pallido, fotocamera con
mega-zoom, calzoncini fantasia…
Praticamente un alieno…Naturalmente acconsento anche perché è molto
carina.
Ancora pochi passi ed un’altra richiesta di una foto anzi, siccome sono
due ragazzi ed una ragazza, gli scatti sono due.
Finalmente riesco a raggiungere la mia mèta: è una scolaresca in gita.
Ovviamente vengo subito “intervistato” sia dal maestro sia da alcuni
ragazzini, entrambi sorpresi e lusingati per il mio apprezzamento del loro
paese.
Dopo una breve chiacchierata li saluto perché ormai è ora di ritornare
in hotel, prendere i bagagli ed iniziare il lunghissimo viaggio verso
casa.
Esattamente due settimane dopo essere tornato in Italia un violentissimo
terremoto ha sconvolto il Gujarat; ma durante la scossa, ad Ahmedabad, è
nata una bambina di nome : “Spandan” che significa : “ Piccolo
Tremore“.
Nonostante tutto la vita continua.
Sempre.
* Aaghaaz; colonna sonora dell’omonimo film prodotto da : “Bollywwod”
l’industria cinematografica indiana con sede a Bombay; è diventata
anche la colonna sonora del nostro viaggio dato che il nostro autista
continuava a farci ascoltare la cassetta… Dil, dil, dil….
Riccardo Riva India / Gujarat / Goa 23/12/2000 - 12/01/2001
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