TRE INCONTRI,
PIACEVOLI E NON
MA SIGNIFICATIVI DI UN VIAGGIO IN LADAKH
GRUPPO ARNONE
IL GIORNALISTA
Dopo una notte trascorsa bivaccando
allaeroporto di Delhi atterriamo a Srinagar dove il primo impatto non è dei più
piacevoli.
Infatti ci sono militari dappertutto e si respira
un'aria poco simpatica; quasi da coprifuoco... A "risollevarci" il morale ci
pensa un tizio, un giornalista o presunto tale ;ci dice che li c'è la guerra li ci sono i
soldati, lì si spara e si muore e che faremmo meglio a tornarcene indietro!! Insomma, fa
di tutto per metterci in agitazione.
Ma che diavolo! Siamo in tredici! Tredici
"INDIANA JONES" armati sino ai denti; intrepidi esploratori di A.n.M. passati
indenni tra guerre, rivoluzioni, epidemie, terremoti ed uragani!! Possiamo forse lasciarci
spaventare da una piccola scaramuccia come questa?!
La risposta non può che essere una
sola: Sì.
Perché non e vero niente; non siamo tredici
intrepidi esploratori armati sino ai denti ecc.ecc.
Siamo solo tredici viaggiatori (forse un
po' matti;
questo si!)che vogliono visitare il LADAKH, e, visto che oramai siamo qui, ci facciamo
coraggio ed usciamo dallaeroporto e con dei taxi raggiungiamo le sponde del lago
DAL! Qui trasbordiamo sulle House-boat e
improvvisamente ci troviamo immersi in un ambiente di una tranquillità così incredibile
da farci sentire quasi in una fiaba fuori dal tempo e fuori dal mondo; ed allora gli animi
si calmano, l'agitazione svanisce; qui la guerra sembra molto lontana ma che dico lontana:
NON ESISTE!
IL MONACO
Visitiamo il palazzo reale di STOCK con poco
interesse perché ormai, dopo una giornata trascorsa visitando i monasteri di: SHEY,
THIKSAY, ed HEMIS, siamo un po' stanchi.
Ma, dopo aver visitato alcune sale del palazzo
adibite a museo e contenenti oggetti e gioielli vari appartenenti ai reali Ladaki, ecco
che passiamo davanti ad una porta chiusa dalla quale proviene il battere ritmico del
tamburo tibetano che i monaci usano durante la meditazione.
Chiediamo alla persona che ci accompagna nella
visita al museo se possiamo entrare; dapprima la risposta e negativa, dice che non si può
disturbare! Insistiamo, assicurando la massima discrezione ed allora acconsente.
Lasciamo scarpe e ciabatte sulla soglia ed
entriamo alla chetichella e, bene attenti a non fare rumore, ci sediamo su quelle panche
che ormai ci sono famigliari. C'è solo un monaco che, recitando antichi salmi e battendo
ritmicamente il tamburo(senza perdere un colpo)ed anche, a ben precisi intervalli, i
cimbali tibetani, sta facendo meditazione.
Assistiamo in, è proprio il caso di dirlo,
religioso silenzio per nulla dispiaciuti di starcene rinchiusi in quella stanza buia,
illuminata solo dalla luce che proviene dalla finestra posta alle spalle del monaco,
mentre fuori cè uno splendido sole...
Un po' perché rapiti dalla musica e dalla
recitazione, anche se non comprendiamo un accidenti di niente; un po' perché felici di
assistere a questo fuori programma tutto per noi.
Terminata la meditazione il monaco ci saluta con
un caloroso: GIULEE! (saluto tibetano; non garantisco l'esatta trascrizione!) ed
un:" WHERE YOU COME FROM ?"
Ci toglie un peso dal cuore; non e per nulla
irritato dalla nostra intrusione.
LA GUARITRICE
Mi sveglio alle 7.OO, affamato e di pessimo umore
perché la sera precedente non ho mangiato nulla!
Per questo scendo subito a fare colazione; non
c'è ancora nessuno visto che quasi tutti hanno deciso di alzarsi ad un'ora più decente
per andare a visitare, con delle jeep, un monastero.
Dopo qualche minuto arriva Linda, la capogruppo,
che ha deciso di andare a visitare, con l'autobus di linea, il monastero di SABU dove ci
dovrebbe essere un oracolo, un' indovina...
Vedendomi già sveglio mi invita ad andare con
lei; dapprima rifiuto, ma poi, visto che insiste, accetto!
Raggiungiamo a piedi la stazione degli autobus,
acquistiamo il biglietto e, dopo aver chiesto quale sia il bus per SABU, saliamo e ci
sediamo sul mezzo che ci indicano.
Mancano pochi minuti alle 8.OO, ora prevista per
la partenza, quando, improvvisamente, tutti si alzano ed in fretta e furia scendono
dall'autobus!
Cosa succede mai; ci chiediamo? Semplice; si
deve cambiare bus!
Così, a rotta di collo, scendiamo anche noi e
seguendo gli altri passeggeri saliamo sul nuovo autobus e per un pelo riusciamo ad
accaparrarci un posto a sedere.
Sospiro di sollievo ma breve.
Quasi immediatamente si alzano di nuovo tutti;
altra folle corsa, ma questa volta ci va male e così rimaniamo in piedi!
Dopo qualche minuto finalmente partiamo; ma lungo
il tragitto l'autobus effettua molte fermate ed in breve, all'interno, cominciamo a
pensare con invidia sempre maggiore alle sardine...
Il fatto che il bus sia ormai stracolmo non
scoraggia coloro che vogliono salire; ripiegano salendo sul tetto.
Anche il bigliettaio non desiste dal compiere il
suo lavoro: sgusciando abilmente nella calca a bordo e salendo acrobaticamente sul tetto
riesce a controllare i biglietti di tutti. Lasciamo la strada principale ed
iniziamo a salire di quota; anche la gente continua a salire; per fortuna
qualcuno scende e così ,dopo un po', riusciamo a sederci.
Ad un ennesima fermata alcune persone si mettono
ad issare sul tetto tre pali di legno lunghi circa cinque metri...
Un dubbio ci assale: ma il tetto
reggerà?
Fortunatamente il tetto regge e dopo quasi un ora
dalla partenza ecco il monastero di SABU.
Ma dell'oracolo nessuna traccia!
I monaci, interpellati al riguardo, ci informano
che non si tratta di un oracolo ma di una guaritrice e che la possiamo trovare in quel
paesino che abbiamo superato poco prima del monastero e dove, effettivamente, era scesa la
maggior parte dei passeggeri!
Ritorniamo indietro a piedi e senza difficoltà
riusciamo finalmente a trovare la persona che cerchiamo: unanziana donna che, in una
piccola ed affollata cucina, assistita da una giovane apprendista pratica l'arte della
guarigione!
Il suo sistema consiste nellappoggiare la
bocca su quella parte del corpo che il malato le indica (stomaco, torace, collo, polsi e
bocca),succhiare (a volte usando una cannuccia)e, successivamente, sputare qualcosa di
scuro in una coppetta d'acqua, quindi bere un sorso d'acqua pulita da un'altra coppetta.
I pazienti portano in pagamento alla guaritrice
dei pezzi di stoffa bianca; raramente dei soldi.
Restiamo lì una buona mezz’ora a
guardare, unici occidentali e turisti fai-da-te, rammaricandoci solo di non
poter riuscire ad apprezzare di più la cosa per la solita storia della
barriera linguistica. Lasciamo la
guaritrice e, dopo circa tre quarti d'ora di cammino sotto un sole micidiale, raggiungiamo
la strada principale dove troviamo subito un mini-bus che ci riporta in città!
RICCARDO RIVA
LADAKH 25-07-91 / 24-08-91
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